“Dopo il primo ordinarono direttamente il dolce,
una mousse ai frutti di bosco. Samir rigirò il cucchiaio in quella spuma
rosata, pensoso, poi gli confidò quanto avesse odiato l’ultima seduta
dal suo analista e perché.
Cristian ne fu felice. Non perché Samir fosse
stato male, ma perché gli aveva rivelato qualcosa di intimo, di suo, e
lui non aveva dovuto domandarglielo. «E ti è sembrato sincero tuo
padre?» Lo vide muoversi sulla sedia.
«Non lo so. Certe volte mi piacerebbe credere di
sì, altre mi piacerebbe che non fosse mai venuto, mi piacerebbe non
pensarci più e basta. Non l’ho detto a nessuno, neanche a Maha».
«Non può rientrare nella tua vita, se non glielo
permetti. E poi ora non sei solo». Lo vide sorridere. Non avrebbe
permesso a quell’uomo di fargli del male, mai più. Lo pensava davvero.
«Hai due occhiaie», gli disse a casa, tracciandogliele con le dita.
«Ora che me l’hai detto mi sento meglio». Samir
corrugò la fronte. Si divincolò e corse in camera da letto. Lì accese le
luci e si guardò allo specchio del comò: era ancora stanco, ma adesso
la sua stanchezza somigliava a quella che si prova dopo aver fatto una
cosa bella, soddisfacente. Sorrise. Poi gli venne in mente Londra, il
giorno prima, suo padre.
Cristian lo raggiunse, lo abbracciò da dietro e ancorò il mento sulla sua spalla.
«Sarò solo un rottame per te, se non riesco più a tornare sul ring?», Samir gli domandò.
«Io non ti vedo come ti vedi tu». Come tuo padre
ti ha insegnato a vederti, Cristian pensò. «Tu mi vedresti come un
rottame, se non potessi più giocare a calcio?»
Lui gli prese le mani, lo guardò attraverso lo
specchio. «Mai, ma tu non hai bisogno del calcio per essere speciale.
Qualche volta mi chiedo se non staresti meglio senza di me».
«Sono disperato senza di te. Non hai idea».
Samir si voltò verso di lui, il sorriso gli
illuminava di nuovo il viso. «Lo credo, senza di me saresti condannato a
mangiare con i tuoi compagni tutte quelle raffinatezze che non saziano
mai».
Cristian se lo strinse forte. Odoravano entrambi
di buon cibo e dell’aria frizzante di una notte autunnale. «Giulia ci ha
fatto mangiare per quattro, il mio preparatore atletico sarà…» Non poté
continuare perché Samir lo baciò, cogliendolo alla sprovvista. Sapeva
ancora di peperoncino e di frutti di bosco. Da quanto non si baciavano
così? Da quanto non gli vedeva quella luce sensuale e sbarazzina negli
occhi? Da troppo tempo, senza dubbio.
«Voglio fare l’amore. Lo vuoi?» Samir gli respirò in faccia.
Dio quanto lo desiderava anche lui. «Da morire».
Samir lo spinse sul materasso, infilando le mani sotto la sua maglietta.”
“All’improvviso Crsitan non ne poté più della
sala, del tintinnio dei calici, delle luci scintillanti. Si allontanò,
infilandosi in una sala attigua altrettanto lussuosa ed elegante, ma
vuota a eccezione di una serie di quadri. Gli parve di riconoscere il
personaggio di Andromeda salvata da Perseo. Che ironia, non era quella
una delle tante costellazioni che aveva insegnato a Samir a cercare in
cielo? Distolse lo sguardo e percorse un corridoio.
Non sapeva dove stesse andando, ma sperava prima o
poi di trovare un’uscita sul parco. Il tacchettio delle sue scarpe di
cuoio rimbombava ad ogni passo sul pavimento di marmo. Finalmente,
intravide una porta-finestra e uscì fuori.
Forse non era stata una buona idea, si disse,
quando l’aria sferzante di novembre gli colpì il viso e, dopo alcuni
passi, si trovò quasi immerso nel buio, la luce delle finestre della
villa lontane. Gli parve di udire un ululato, si figurò i cani da
guardia sbucare repentini da un cespuglio. I giornali avrebbero scritto
per giorni articoli su come lui, uno dei più famosi calciatori al mondo,
fosse stato scambiato per un ladro. Lo stilista che gli aveva prestato
il completo, anticipo della collezione della prossima stagione, non
sarebbe stato contento di vederlo ridotto a brandelli dai cani. Mentre
pensava a questo, si accorse che qualcuno si stava avvicinando.
«Chi è?» Trasalì.
«Sono io».
Riconobbe la voce di Samir e le sue braccia, quando gli cinse la vita.
«Non hai freddo?» Samir poggiò il mento sulla sua spalla.
«Non hai paura che ci vedano? Dopo tutta questa fatica per depistare i tabloid…»
«Diremo che ti stavo salvando dall’ipotermia».
«Perché sei uscito? Non ti piaceva la festa?» Cristian si allontanò.
«Ho visto che eri andato via. Ti osservo sempre».
«Non mi sembrava».
«Ti sbagliavi». Samir gli era di nuovo vicino.
Cristian a stento lo poteva vedere, ma sentiva il
suo profumo, caldo e legnoso, il suo odore e, quando avvertì il suo
fiato sulla pelle, si accorse che la sua schiena stava poggiando contro
il tronco di un albero. Sentì un brivido percorrerlo. «Cosa stai facendo
qui?»
«Sono qui per te». Samir spinse i fianchi
leggermente in avanti, e lui provò una strana vertigine pensando che
tutti gli ospiti in quella villa illuminata non avevano idea di ciò che
loro due stavano facendo e avrebbero potuto fare lì, nel buio.
Samir lo baciò, aprendogli le labbra con la lingua, accarezzandogli l’interno della bocca.
Si abbandonò a quel bacio, sollevando le mani
fino a toccargli la nuca. «Sei pazzo… qui?», la sua parte razionale gli
impose di domandargli, dopo.
«Nessuno può vederci».
«Andiamo via», lo pregò.
«Cri…»
«Hanno già scattato le foto che servivano».
Samir si allontanò. «E poi, guarda caso, io e te
ce ne andiamo prima che la festa finisca? È quasi come farci trovare
mano nella mano, dai!»
«Quindi devi continuare il tuo servizio
fotografico per i tabloid, capisco. Ma per sfogare i tuoi istinti hai
bisogno di me tanto da seguirmi qui fuori».
«Sono venuto qui fuori per vedere come stavi, ma
pensala come vuoi. Puoi sempre chiedere a Marc di consolarti del
fidanzato che ti ritrovi. Ne sarebbe contento».
«Sarebbe un partner migliore di te», Cristian gli sputò le parole addosso, rabbioso, e se ne tornò dentro.
Da Marc aveva voluto che fosse aperto con i loro
amici, da Samir voleva tutto, e per la per la prima volta nella sua vita
si domandò se il calcio non gli avesse fatto pagare un prezzo troppo
alto per il successo e la ricchezza. Ma respinse quel pensiero
immediatamente, il calcio gli aveva dato tutto, il calcio era sempre
stato il suo punto di riferimento insieme a sua madre, non era
necessario baciare Samir o prendergli la mano in pubblico per essere
felice con lui. Se solo Samir non baciasse un’altra donna davanti agli
altri, davanti a lui, tutto sarebbe andato meglio. Ma da quando Masood
era ricomparso lui e Samir erano stati trascinati in un vortice da cui
non sapevano come uscire né come fermare.”